“Book Descriptions: In una Nota premessa al testo (procedimento che adotterà solo un altro paio di volte nella sua carriera), Simenon decide di rinfrescare la memoria dei lettori sullo scandalo che a metà degli anni Trenta aveva travolto l’immenso impero economico dei fratelli Ferchaux, giunti in Africa alla fine dell’Ottocento come passeggeri clandestini. Per alcune settimane l’affaire aveva occupato le prime pagine dei giornali: con quali mezzi era stata accumulata quell’enorme fortuna? Di quali complicità avevano goduto i due fratelli negli ambienti coloniali, politici, finanziari? E soprattutto: che fine aveva fatto il vecchio Dieudonné, il primogenito, il «bianco-con-una-gamba-sola», il «Satrapo dell’Ubanghi», il trafficante senza scrupoli che con un candelotto di dinamite aveva ucciso tre portatori neri che minacciavano di abbandonarlo – lo spietato uomo d’affari che dal suo rifugio in Normandia aveva turbato con le sue rivelazioni i sonni di molti potenti, ed era poi misteriosamente scomparso? È qui che comincia il romanzo, ed entra in scena colui che ne sarà il vero protagonista: Michel Maudet, un giovane spiantato e ambizioso che si fa assumere come segretario da Dieudonné Ferchaux. Più ancora dell’intreccio, più delle peripezie che porteranno i due uomini da Caen a Dunquerque e da Tenerife a Panama, dove la vicenda troverà il suo efferato epilogo, quello che interessa a Simenon è la partita che si gioca fra due esseri inizialmente legati da una segreta connivenza: il vecchio, che crede di ritrovare nel ragazzo qualcosa di sé ma ne intuisce anche l’inconsistenza e la crudeltà, e il giovane, che dopo aver subìto il fascino dell’avventuriero finisce per tenerlo in suo potere. Una lotta fra complici incompatibili, un duello che si svolge in una zona oscura, perfettamente congeniale a Simenon. Scritto nel 1943, L’aîné des Ferchaux apparve a stampa nel 1945. Nel 1963 Jean-Pierre Melville ne trasse un film (titolo italiano: Lo sciacallo) con Charles Vanel e Jean-Paul Belmondo.” DRIVE